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La necropoli di Truncu Reale-Sant’Agostino a Sassari

Nadia Canu, Luca Doro, Giuseppina Palmas

La transizione energetica comporta un forte impatto su territori dell’Isola, a grande valenza paesaggistica e alta densità archeologica. Solo attraverso il perfezionamento degli strumenti normativi e oculate scelte a livello di regolamentazione urbanistica è possibile contemperare il raggiungimento degli obbiettivi fissati dall’Unione Europea in materia di impianti da energie rinnovabili con la tutela del patrimonio culturale.

Ciò è reso particolarmente difficoltoso laddove le scelte di pianificazione territoriale hanno definito zone industriali in aree ad alto rischio archeologico. È quanto accaduto con l’area di Truncu Reale, posta a breve distanza dall’altare preistorico di Monte d’Accoddi e da tutte le necropoli ad esso strettamente correlate, tra cui in territorio di Porto Torres quelle di Su Crucifissu Mannu e Li Lioni, in territorio di Sassari quelle di Monte d’Accoddi, Ponte Secco, Marinaru, S. Ambrogio, Oredda, in territorio di Sassari.

Proprio tra S. Ambrogio e Oredda, nell’area di S. Agostino, interna alla zona industriale di Truncu Reale, nonostante le criticità relative all’altissimo rischio archeologico, segnalato dalla Soprintendenza, sono stati avviati i lavori per la realizzazione di un impianto fotovoltaico Questi, eseguiti sotto stretta sorveglianza archeologica, hanno portato alla scoperta di alcune nuove domus de janas. La pertinenza ad una più vasta necropoli è confermata dalla scoperta di ulteriori ipogei nelle aree contermini a quelle dell’impianto, individuate in parte con i sopralluoghi della Soprintendenza, in parte con l’approfondimento delle ricognizioni.

Nel contesto individuato spicca la Tomba II, di tipo complesso e riccamente decorata da motivi architettonici e simbolici finora inediti nel panorama figurativo preistorico isolano.  Nella comunicazione, oltre all’analisi delle sepolture e allo studio territoriale, saranno presentati anche i primi risultati delle indagini archeologiche, attualmente in corso.

Il caso di studio presentato, se da una parte mostra rilevanti dati scientifici, dall’altra evidenzia come, trattandosi di indagini archeologiche in regime di scavo “d’emergenza”, risulta necessario trovare il giusto equilibrio che garantisca la tutela del patrimonio archeologico.

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