L’ampio comprensorio del Mar Nero, che include la Tracia, le regioni orientali della costa bulgara, il Caucaso occidentale fino alla Crimea, entra nella letteratura archeologica sul megalitismo fin dai primi del Novecento. Difficoltà di reperimento della bibliografia, prevalentemente in lingua russa, insieme ad una certa chiusura imposta dalla situazione geopolitica della Guerra Fredda, hanno costituito un serio, a tatti anche insormontabile, impedimento nella conoscenza del fenomeno del megalitismo durante il III e II millennio a.C. I tempi sono oggi maturi per tentare una prima revisione dell’intera documentazione, alla quale oggi si aggiungono nuovi scavi da cui provengono datazioni radiometriche. L’area prescelta è la regione della Tracia, sia la parte turca quanto quella greca, che per posizione, lungo lo Stretto dei Dardanelli, rappresenta l’area di contatto tra il Mar Nero e l’Egeo. A partire dalla prima metà del III millennio a.C. compaiono strutture a corridoio, formate da lastre ad ortostati, spesso rivestite da una copertura di pietre. Sono tumuli, come quello di Topkuru, che presentano strette affinità con la tradizione dei kurgan dell’area caucasica. Queste strutture si associano talvolta a camere ipogeiche scavate nella roccia e precedute da corridoio e anticella con murature a grandi blocchi. Esistono anche dolmen isolati, come quello di Arpalik, per i quali va esclusa una funzione funeraria, risultando meglio collegati a spazi di culto e di espletamento di cerimoniali. Molte di queste strutture continuano ad essere impiegate nell’età del Ferro e alcune di esse anche in età ellenistica, quando vengono trasformare in luoghi di culto.